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:quaddentro:

mercoledì 27 ottobre 2010

22 ottobre 2010 - Net.Futurismo al Corriere della Sera

Alla sede del Corriere c’è un via vai di gente fredda; non abbiamo bisogno di entrare per sapere che tipo di ambiente troveremmo all’interno, e basta guardare lo scorrere degli sguardi persi per comprendere come riescano ad essere pubblicati certi articoli.

Ma noi, da net.futuristi, di certo non ci limitiamo a guardare ;)

Volantini in mano, discorsi frenati nei polmoni e pronti ad esplodere, creiamo l’elemento di disturbo che può ristabilire almeno l’ombra di un contatto con la realtà; sì, perché riuscire a parlare a persone che non sono più abituate a farlo rappresenta la più grande forma di avanguardia che si può fare oggi, quella che l’ “alta cultura” di Fumaroli non sarà mai in grado di fare perché virtuale, chiusa in sé stessa.

L’impresa è più difficile del previsto: le persone che passano non sembrano essere minimamente entusiaste di vederci. Abituate ai soliti assalitori in cerca di soldi, vogliosi di vendere, pronti a fregarle, un network di avanguardisti sparsi per tutta l’Italia che senza nessun scopo lucroso si riunisce in quel preciso spazio è pura fantascienza. Ma noi, che siamo vivi e cocciuti, continuiamo nella nostra impresa.

Gente incurante o impaurita, “grazie” e “no grazie”, qualcuno alla fine si avvicina, perché nei più svegli vince sempre la curiosità. Quello è il momento in cui il tragico equilibrio di una giornata vuota si rompe, lasciando filtrare frammenti di coscienza pronti a mettere radici e crescere. Spostiamo la situazione in strada, all’Accademia di Brera, al convegno internazionale dei Transumanisti: dobbiamo arrivare ovunque.

La provocazione di un blog approda prima sul territorio e ora su questa pagina.

E’ l’arte di fare network.

martedì 5 ottobre 2010

Linguàrtritamòt: non lasciatevi parlare

La tribù dei Piraha utilizza soltanto due parole per descrivere il colore.
In lingua dei segni si usa lo stesso segno per dire "mi piace" e "lo voglio".
Quello che in italiano è un rubacuori, in dialetto è uno sciupafemmene.

Siamo abituati a organizzare i nostri pensieri con parole che usiamo quotidianamente, ma quasi mai ci soffermiamo a riflettere su quanto esse siano relative, e come cambi la sfumatura di un vocabolo traducendolo o sostituendolo con un sinonimo.
Cambiare il proprio modo di rapportarsi alla lingua è un passo fondamentale nella riorganizzazione delle strutture mentali.

L'approccio alla lingua è stato finora di due tipi:
-quello passatista, ossia del grande oratore in grado di lanciarsi in virtuosismi buoni soltanto per chi ha tempo da perdere; tipico è il suo modo di fuggire da questioni complesse utilizzando termini e citazioni sconosciuti ai suoi interlocutori. E' evidente la sua dipendenza dai vecchi schemi, che gli infondono sempre sicurezza, e tratta la propria lingua come un delicato vaso di porcellana, "muovendola" il meno possibile.
-quello presentista, diversamente passivo: sebbene interessante per la ricchezza di termini gergali che si rinnovano costantemente, la lingua parlata dal presentista è una minestrina lessicale generatasi dalla magra acquisizione dello stesso modello del passatista. Sentire un presentista che parla è un'esperienza divertente, si assiste alla dissoluzione del campo semantico attraverso poche confuse parole. Egli ha rifiutato il grottesco spettacolo del passatista, gettandosi in una commedia diversa ma decadente in ugual misura.

Per noi netfuturisti, parlare è un momento di riflessione critica sui propri bisogni, linguistici e quotidiani. Se il termine non esiste ancora, in un modo o nell'altro salta fuori. Questa pratica è il linguàrtritamòt: l'arte di tritare parole ed espressioni, spremerle, crearle, cestinarle o risignificarle.
Verso una lingua performativa.