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:quaddentro:

sabato 29 gennaio 2011

Agli studenti

Bravi.
La Gelmini ha tirato fuori il meglio di voi: avete imparato ad organizzarvi, ad essere responsabili per non farvi dare contro dai partiti, a concordare le proteste con gl'insegnanti. Avete tenuto a bada gli studenti che volevano fare solo casino, li avete persuasi del fatto che si stava facendo sul serio. Avete lavorato per togliervi di dosso lo stereotipo del sessantottino, in nome del vostro essere semplici studenti che vogliono rimanere tali, tant'è vero che anche Napolitano ha dovuto accettare di incontrarvi.
Davvero complimenti.
E in tutto questo, siete diventati ciò che odiate: perchè se prima c'era una critica nei confronti del modello dominante -una critica spesso sterile e fatta di slogan, figlia delle pubblicità, ma almeno c'era - ora siete voi a battervi per difenderlo.
Vista in quest'ottica, la scuola non ha mai vissuto un momento di gloria come quello di oggi: un momento storico estremamente curioso, in cui lo studente ha interiorizzato tutti i "valori" dell'istituzione che lavora per annichilirlo, tant'è vero che lotta per essa.

Mi auguro almeno che, se un giorno questo delirio dei tagli finirà, nessuno di voi venga più a parlarmi di rivoluzioni di nessun tipo.

martedì 25 gennaio 2011

L'utopia della scolarizzazione

Facile definire la descolarizzazione un'utopia.
Ma è davvero così facile?
Tutto sommato, pur volendo conservare un'ottica funzionalista, l'istituzione scolastica NON prepara all'ingresso nella società. Descolarizzare vuol dire innanzi tutto rivedere le proprie priorità, al di là di ogni luogo comune, e questa non è un'utopia ma un bisogno umano, nonchè un dovere sociale.
Pensiamo piuttosto alla scolarizzazione: si può essere così fuori di testa da sognare un mondo in cui ogni ragazzo ripete nozioni senza nessuna elaborazione, nozioni che vengono spacciate per verità assolute, ritrovandosi incapace di integrarsi in una situazione qualunque?
Si tratta certo di una macabra utopia, eppure per molti ragazzi è una realtà.
L'approccio costruttivista di alcuni docenti sembra migliorare la situazione. Ma questi docenti sembrano quasi degli infiltrati, che vogliono difendere i ragazzi nel Covo del Nemico. La situazione rimarrebbe pessima anche se questi "descolarizzatori in borghese" costituissero la maggioranza, perchè c'è un'impostazione paradigmatica sbagliata che regola ogni settore scolastico (dalla definizione dei ruoli a quella delle materie), che finisce per scolarizzare anche i modelli pedagogici più aperti.
Non si tratta quindi di pensare a se descolarizzare o meno: succederà, perchè è un processo igienico. Sta a noi definire tempi e modalità.

giovedì 13 gennaio 2011

Enarmonia del pensiero e verbalizzazione

In una mappa di rappresentazione approssimativa degli schemi mentali, in cui il concetto è subordinato alla parola e viceversa, ed entrambi sono rappresentati come punti di connessione tra le linee di una rete:

un pensiero comune, vittima di costanti biases, si sviluppa così

un pensiero enarmonico - verbalizzabile mediante il linguàrtritamòt - si sviluppa così


perchè queste sono le potenzialità massime del pensiero passivo

e queste del pensiero enarmonico

sabato 1 gennaio 2011

Necessità tritamodali

Il modo in cui si legano pensiero e linguaggio è un argomento piuttosto immenso; quello che mi preme dimostrare in questo post è il meccanismo di autolimitazione che deriva da un uso improprio e passivo di una lingua.
Prendiamo come esempio l'atto di cedere un qualsiasi tipo di oggetto o prestazione. Possiamo dire (i primi che mi vengono in mente):

dare
offrire
regalare
donare
prestare
servire
cedere

Ora prendiamo una parola a caso tra queste, e proviamo a pensare come sarebbe la nostra visione del medesimo concetto senza di essa. Togliamo "offrire". "Offrire" non è certo "dare", nè "prestare", nè altro. Ti dono un caffè? No, detto così sembra chissà cosa, invece è solo un caffè. Ti cedo un caffè? Dai, non me ne sto mica privando io. Se vuoi te lo regalo, ma se te lo chiedo mi ridi in faccia. Insomma, alla fine il caffè non te lo offrò più, e l'atto di cedere ecc ecc viene vissuto un po' meno serenamente.

Sto esagerando (più o meno!), ma un'idea ve la sarete fatta sull'importanza che si porta dietro ogni parola; tramite le parole organizziamo i concetti, e a seconda dei nostri schemi mentali ci comportiamo in un modo piuttosto che in un altro.Da qui l'innegabile affermazione che lingua e cultura si riflettono vicendevolmente. Un passo verso l'immensificazione umana è proprio l'uso creativo dl linguaggio. Il linguartritamòt risponde ad una necessità del nostro tempo; se è pur vero che il meccanismo di mortificazione del pensiero portato dal rigidizionarismo ha gravato su di noi per millenni, è anche vero che non esiste un momento migliore di questo per finirla definitivamente con questo gioco di crampi alla lingua. Guardatevi intorno! Guardate i volponi dei vecchi media, che questo meccanismo lo conoscono da tempo. Loro hanno portato tra noi concetti erronei, inesistenti o dal nome totalmente infondato. Il loro dizionario, quello di "finiani", "berlusconismo", "antipolitica", guerra "umanitaria", "reality show" e tutte le altre geniali cazzate, hanno il grande potere di stabilire per cosa litigheremo domani, e quali parole useremo per farlo. Inventa un bianco e un nero; prima ci cascheranno i più vegetabili, poi gli altri si adatteranno. Quindi non spaventatevi se, gironzolando su questo blog, vi capiterà di rileggere una frase due o tre volte prima di coglierne l'ingenuo e festoso significato; sto solo adattando il linguaggio a ciò che voglio esprimere. Esparlo