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:quaddentro:

lunedì 6 dicembre 2010

ocinomranE oreisneP

Bisogna sempre pensare il contrario di quello che si pensa.
Detto così, sembro scemo. Invece no, io penso sempre il contrario di quello che penso.
Prendi le figurine a cui tenevi di più, la tua canzone preferita, il partito che hai sostenuto per anni, la buona causa per cui ti sei battuto, la vita che ti sei costruito. Prendi il tuo senso del dovere, i pochi valori che ritieni importanti. Guardali bene. Ne hai davvero bisogno? Non senti qualcosa che ti infastidisce, non ti senti minacciato da un'incoerenza di fondo che potrebbe rovinare tutto?
Bene: è il momento di essere il contrario di te stesso!
Fare il bastian cuntrari è fin troppo facile con gli altri, ora è il momento di giocare sulla tua pelle.
Metti in discussione tutto, accanisciti, devi essere spietato.
Ma come si può essere contro sè stessi?!
"Me stesso" non esiste. "Me stesso" è quel meccanismo di difesa donatoci da Madre Natura più comunemente chiamato Ego. Gli insetti sociali non hanno nessun "me stesso". Puoi dubitare di te stesso? Altrochè! Puoi dubitare di TUTTO. Sopravviverà qualcosa al Dubbio?

Ovviamente sì (soprattutto se si mettono da parte i dubbi esistenziali). Quello consigliato è solo un esercizio per conoscersi meglio, acquisire sicurezza e lucidità. L'uomo medio, nella sua testa, farfuglia in modo quasi involontario. Se riuscisse a convincersi del contrario di quello che pensa, al di là del risultato delle proprie riflessioni, ne uscirebbe più forte, più consapevole. Un piccolo passo per l'uomo, un tuffo nell'enarmonia del pensiero.

venerdì 5 novembre 2010

Al di là delle 12 sbarre

"Al di là delle 12 sbarre" è una dichiarazione di guerra a tutti i vincoli che portano l'uomo ad omologarsi. Il suono torna alla propria natura, strabordando dalle 12 note che rimbambiscono la nostra sensibilità mutilata per arrivare al puro rumore. Ad accompagnarci in questa battaglia, serie di sinusoidi che giocano con intervalli di ottavi di tono, inferendo il colpo di grazia all'armonia tonale e alle melodie che subiamo passivamente da secoli.

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mercoledì 27 ottobre 2010

22 ottobre 2010 - Net.Futurismo al Corriere della Sera

Alla sede del Corriere c’è un via vai di gente fredda; non abbiamo bisogno di entrare per sapere che tipo di ambiente troveremmo all’interno, e basta guardare lo scorrere degli sguardi persi per comprendere come riescano ad essere pubblicati certi articoli.

Ma noi, da net.futuristi, di certo non ci limitiamo a guardare ;)

Volantini in mano, discorsi frenati nei polmoni e pronti ad esplodere, creiamo l’elemento di disturbo che può ristabilire almeno l’ombra di un contatto con la realtà; sì, perché riuscire a parlare a persone che non sono più abituate a farlo rappresenta la più grande forma di avanguardia che si può fare oggi, quella che l’ “alta cultura” di Fumaroli non sarà mai in grado di fare perché virtuale, chiusa in sé stessa.

L’impresa è più difficile del previsto: le persone che passano non sembrano essere minimamente entusiaste di vederci. Abituate ai soliti assalitori in cerca di soldi, vogliosi di vendere, pronti a fregarle, un network di avanguardisti sparsi per tutta l’Italia che senza nessun scopo lucroso si riunisce in quel preciso spazio è pura fantascienza. Ma noi, che siamo vivi e cocciuti, continuiamo nella nostra impresa.

Gente incurante o impaurita, “grazie” e “no grazie”, qualcuno alla fine si avvicina, perché nei più svegli vince sempre la curiosità. Quello è il momento in cui il tragico equilibrio di una giornata vuota si rompe, lasciando filtrare frammenti di coscienza pronti a mettere radici e crescere. Spostiamo la situazione in strada, all’Accademia di Brera, al convegno internazionale dei Transumanisti: dobbiamo arrivare ovunque.

La provocazione di un blog approda prima sul territorio e ora su questa pagina.

E’ l’arte di fare network.

martedì 5 ottobre 2010

Linguàrtritamòt: non lasciatevi parlare

La tribù dei Piraha utilizza soltanto due parole per descrivere il colore.
In lingua dei segni si usa lo stesso segno per dire "mi piace" e "lo voglio".
Quello che in italiano è un rubacuori, in dialetto è uno sciupafemmene.

Siamo abituati a organizzare i nostri pensieri con parole che usiamo quotidianamente, ma quasi mai ci soffermiamo a riflettere su quanto esse siano relative, e come cambi la sfumatura di un vocabolo traducendolo o sostituendolo con un sinonimo.
Cambiare il proprio modo di rapportarsi alla lingua è un passo fondamentale nella riorganizzazione delle strutture mentali.

L'approccio alla lingua è stato finora di due tipi:
-quello passatista, ossia del grande oratore in grado di lanciarsi in virtuosismi buoni soltanto per chi ha tempo da perdere; tipico è il suo modo di fuggire da questioni complesse utilizzando termini e citazioni sconosciuti ai suoi interlocutori. E' evidente la sua dipendenza dai vecchi schemi, che gli infondono sempre sicurezza, e tratta la propria lingua come un delicato vaso di porcellana, "muovendola" il meno possibile.
-quello presentista, diversamente passivo: sebbene interessante per la ricchezza di termini gergali che si rinnovano costantemente, la lingua parlata dal presentista è una minestrina lessicale generatasi dalla magra acquisizione dello stesso modello del passatista. Sentire un presentista che parla è un'esperienza divertente, si assiste alla dissoluzione del campo semantico attraverso poche confuse parole. Egli ha rifiutato il grottesco spettacolo del passatista, gettandosi in una commedia diversa ma decadente in ugual misura.

Per noi netfuturisti, parlare è un momento di riflessione critica sui propri bisogni, linguistici e quotidiani. Se il termine non esiste ancora, in un modo o nell'altro salta fuori. Questa pratica è il linguàrtritamòt: l'arte di tritare parole ed espressioni, spremerle, crearle, cestinarle o risignificarle.
Verso una lingua performativa.

lunedì 9 agosto 2010

Flussi - poema transcomunicativo

"Flussi" è una raccolta di poesie in cui la parola acquisisce una personalità propria, schizzando, scorrendo o lampeggiando a seconda di ciò che rappresenta.

Le fonti d'ispirazione fondamentali sono state indubbiamente due: il flusso di pensieri, e il flusso di stimoli da cui siamo quotidianamente bombardati. Essi mi hanno portato a ricercare una nuova forma comunicativa (transcomunicativa) in cui la parola scritta non è più un’ imitazione del linguaggio parlato, ma un sistema simbolico che oltrepassa le barriere formali della normale comunicazione e va ad inserirsi direttamente nel flusso di pensieri del lettore, che potrà comprenderne il senso soltanto se in grado di cogliere le cose nella loro globalità.

DOWNLOAD su archive.org

giovedì 15 luglio 2010

Apriamo le scuole!

Quando Papini lanciò il suo appello contro l'istituzione scolastica, probabilmente non si era reso conto che le scuole erano già molto chiuse:
chiuse erano le menti di chi, al suo interno, lavorava per chiudere quelle altrui, creando in questo modo un meccanismo di autoconservazione; chiuse erano le porte della scuola - chiuse al mondo e alla vita. Ed è ancora così, oggi più che mai.
No, davvero, le scuole devono essere aperte.
Apriamole, come nel corso di un'autopsia, per stabilirne le cause del decesso.
Apriamole al vissuto quotidiano di chi ogni giorno ha a che fare con esse, perchè una scuola che finisce dove finisce l'aula di lezione non può essere considerata altro che una vessazione, tutt'altro che formativa.
Strano che mentre Boccioni pensava alla "statua aperta", in compenetrazione con lo spazio circostante, Papini non abbia ipotizzato un'evoluzione analoga delle istituzioni.
Chiudere le scuole sarebbe fuori luogo, ma non più di mantenerle così come sono. Bisogna restituire la formazione alla sua funzione più nobile - quella di supportare e incrementare lo sviluppo del singolo individuo inserito in un contesto sociale - e per fare questo serve un nuovo modello educativo. Le conseguenze avrebbero ripercussioni sociali enormi.; infatti, se una scuola "chiusa" può nuocere così tanto, quella "aperta" rappresenterebbe una profonda speranza per chi come noi net.futuristi si augura un futuro pieno di menti creative e brillanti.
Il punto di partenza per tale rinnovamento è il Manifesto degli insegnanti lanciato in questi giorni sul web. Questo testo, frutto di confronti e dibattiti avvenuti nel ning "La scuola che funziona" - con la presenza dei net.futuristi Antonio Saccoccio e Mariaserena Peterlin - enuncia in modo molto schematico e diretto quella che sarà la base per un radicale cambiamento nel mondo della formazione. Ben inteso, il manifesto NON è un punto di arrivo: con esso viene a crearsi una nuova zona di sviluppo prossimale, che in questo caso non riguarda più i contenuti appresi dagli studenti, ma ciò che gli insegnanti dovranno imparare ad essere, perchè - riprendendo le parole di Antonio Saccoccio - il cambiamento auspicato è di tipo paradigmatico.
La sfida è aperta.
Apriamo le scuole!

lunedì 12 luglio 2010

Quello che rimane

Scienze della formazione primaria.
Quindi si suppone che si imparino i metodi migliori per aiutare i bambini nel loro percorso di crescita.
E invece mi ritrovo a dover constatare che quello che rimane nella formazione (per l'appunto) degli studenti non è il contenuto dei libri - che tra un Vygotskij e un Claparède, completati da programmazioni di esperienze didattiche, gli stimoli tutto sommato non mancano - quello che rimane, dicevo, è la virtualità, culturalmente appresa, dell'università e dell'istruzione in generale.
Mi spiego meglio.
Sto per dare un esame di didattica della matematica (in cui tutto ciò che è inerente alla didattica è magicamente scomparso) e mi sintonizzo sulle frequenze delle mie conoscenti per captare qualche informazione al volo. Ripassano, fanno bigliettini, si interrogano a vicenda. Quello che mi sorprende, è il modo in cui vanno in crisi alcune di loro per argomenti che non ricordano bene, nonostante siano molto intuitivi (sempre di matematica per bambini si parla...). Sono stupide? Sono ignoranti?
Niente di tutto ciò. Hanno la sindrome da virtualità indotta.
Ossia, non riescono a vedere collegamenti tra ciò che studiano e ciò che vivono; il libro per loro nasce a pagina 1 e muore a pagina tot. Tutte le loro conoscenze non servono a niente, il loro vissuto non deve esistere: l'esame, l'università sono microcosmi privi di nessi con la vita - appunto, virtuali, realtà simulate.
Ben inteso, non si tratta di un punto di vista degli studenti indotto dalla loro ingenuità, ma da un'azione massiccia di stiraggio da parte dell'istituzione scolastica, che educa fin dalla prima infanzia ad essere niente più che degli esseri privi di volontà, appiattiti, la cui esperienza non vale nulla.
Ovviamente, all'università si mantiene questa linea, e i metodi più avanguardisti vengono insegnati coi metodi più scadenti (e, da più di un secolo, scaduti).
Così, quello che rimane impresso nelle menti di questi ripetitori stirati, non è il contenuto, ma il modo in cui l'hanno "appreso" - e la grande stireria che si occupa di istruzione può stare serena ancora per un po'.

sabato 3 luglio 2010

Rumore formativo, pensiero enarmonico - parte 2

"Lo studio continuo e attento dei rumori può dunque rivelare dei godimenti nuovi, delle emozioni profonde.
Ricordo come ciò dovessero confessare, con profondo stupore, gli esecutori che ebbi per il primo concerto dato a Milano con gl'Intonarumori. Dopo la quarta o quinta prova, mi dicevano, che fatto l'orecchio e presa l'abitudine al rumore intonato e variabile dato dagli Intonarumori, fuori in strada prendevano grandissimo piacere a seguire i rumori dei tram, delle automobili, ecc. constatando con stupore le varietà di tono che riscontravano in questi rumori.
Erano dunque gl'Intonarumori che avevano avuto il merito di rivelare loro questi fenomeni."

("L'Arte dei rumori - cap.4: i rumori della natura e della vita", Luigi Russolo)

L'elettrorumorismo net.futurista NON è assolutamente un'attività puramente ludico-ricreativa.
Esso ha per fine l'emancipazione della sensibilità musicale, propria e altrui. Gli esperimenti di musicoralità lanciati da Gianluigi Giorgetti e quelli di technorumorismo ai quali hanno partecipato diversi net.futuristi, sono forse quelli che manifestano in modo più evidente quest'obiettivo: riuscite a immaginare come sarebbe ritrovarvi a "canticchiare" il rumore di un motore o il semplice parlato? Il passo successivo sarebbe riconoscere come "musicali" tutti i motori e tutte le voci.

Come aveva anticipato Russolo, la sensibilità musicale è solo una questione di abitudine; è molto più elastica di quanto si possa pensare, e con un po' di allenamento imparerà a distinguere la musica di ogni situazione.

L'armonia tonale, il solito ritmo in 3/4 o 4/4, altro non sono che semplificazioni del rumore così com'è, ossia complesso; col tempo abbiamo imparato, su basi che potremmo definire un prodotto culturale astratto, a commuoverci su melodie tristi e gioire con quelle allegre. Il risultato? Uno spietato e ininterrotto festival del plagiarismo, con canzonette sempre uguali e, proprio per questo, facili da dimenticare dopo pochi mesi.
E' giunta l'ora di piantarla definitivamente con queste buffonate usa e getta, e dedicarci alla nostra percezione, alla nostra conoscenza dello spazio circostante, così come indicava già Antonio Saccoccio in questo post.
L'elettrorumorismo net.futurista non darà mai l'intrattenimento sempliciotto di cui molti credono di necessitare.
Il rumore è un'arma dal forte potenziale formativo.

giovedì 20 maggio 2010

Ritratto del presentista - sintesi topofonetica

E' proprio vero che è impossibile non comunicare?
Stiamo recentemente assistendo ad un fenomeno simile all'inflazione, relativo al valore delle parole. Tutti parlano e nessuno dice niente. Il borbottare perpetuo di old media e social network, le menate degli accademici, la comunicazione passatempista dei presentisti - niente di tutto questo comunica. O meglio: suggerisce di non comunicare.
bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla
-il presentista è muto-

lunedì 10 maggio 2010

Rumore formativo, pensiero enarmonico

Ogni debolezza è un limite.
Ogni limite si maschera con uno schema.
Ogni schema serve a semplificare un problema affidandone la risoluzione, per l'appunto, ad uno schema [che sovente viene imposto da qualcuno e preso per buono da qualcunaltro, senza troppe domande (gli schemi fanno comodo ai deboli)].
Questa sorta di burocrazia del pensiero si presenta in ogni azione attiva o passiva che sia, nelle abitudini individuali e nelle consuetudini sociali; le sue maschere sono quelle dell'accademismo, del dogmatismo, dello "stile", dei principi di armonia in musica e nella monodirezionalità in ambito artistico, formativo, mediatico.

Ho la pelle d'oca quando penso che per secoli e secoli abbiamo usato quasi esclusivamente le stesse 12 note; sarei più sereno tenendo lo stesso paio di calzini per una settimana. A quanto pare siamo così pigri da accettare 12 sbarre purchè costituiscano una comoda gabbia.
Ogni musicista dovrebbe decidere su quali frequenze "fissare" le proprie note (sempre ammesso che questo lavoro sia considerato necessario dall'autore: è una questione d'intenti). Quando la percezione collettiva arriverà a preferire la diversità rispetto all'omologazione, l'iniziativa alla ripetizione, scopriremo di essere degli instancabili rumoristi in un mondo di Musica: l'armonia tonale, per la sensibilità musicale, ha finito per rappresentare ciò che un distacco della retina può essere per la vista: ci ha tolto la gioia di apprezzare i rumori per ciò che sono.

E ancora: non può essere altro che pigrizia quella che spinge a continuare ad adottare le cadaveriche lezioni frontali. "Stai seduto e ascolta", un metodo fallito in partenza, non credo ci sia bisogno di molte argomentazioni sul perchè: abbiamo tutta la pedagogia del Novecento a insegnarci come questa modalità di lezione sia una delle cause fondamentali della demotivazione da parte degli alunni. Occuparsi di formazione non è certo un lavoro per vigliacchi: se non vi rendete conto che le lacune dei singoli professori e maestri possono finire per rovinare intere generazioni, state alla larga; se non capite che questi sono anni complessi e di transito, e che bisogna insegnare creativamente ad essere creativi, allora occupatevi di qualcos'altro. I professori-burattinai non possono più continuare a inebetire i ragazzi per una propria mancanza di forza (=>la forza di mettersi in gioco). Ogni ambito formativo richiede una buona dose di Net.Futurismo.

Ormai è sempre più vicino il giorno in cui tutte le debolezze passapresentiste verranno spazzate via da una grassa, colossale risata prospettica net.futurista: accademici, virtuali cammuffati da virtuosi, non riuscirete a giustificare la vostra vigliaccheria nemmeno balbettando - e nessun manuale vi sarà d'aiuto.

lunedì 22 marzo 2010

Libertà!

libertà libertà libertà libertà libertà libertà libertà libertà
libertà libertà libertà libertà libertà libertà libertà libertà
libertà libertà libertà libertà libertà libertà libertà libertà
libertà libertà libertà libertà libertà libertà libertà libertà
libertà libertà libertà libertà libertà libertà libertà libertà
libertà libertà libertà libertà libertà libertà libertà libertà
libertà libertà libertà libertà libertà libertà libertà libertà
e dopo troppe volte che lo si ripete non vuol dire più niente.
LIBERTA'!
Ossia un uomo in mutande e cannottiera che rutta sul divano...

domenica 7 marzo 2010

pensieronudo

Ho voluto farmi beffe del lettore, rendendogli impossibile leggere attentamente i pensieri sgrammaticati di questo programma. In fondo, non è con questo che dovete fare i conti, ma coi vostri flussi di pensieri.
Ho cercato di mettere a nudo il pensiero perchè dal chaos mentale che ognuno si porta dentro deve sempre emergere la propria volontà; bisogna riuscire a dominare questa cascata e focalizzarla verso un obiettivo.
L'alternativa è la stasi.

lunedì 1 marzo 2010

Grande Fratello e New Media

Riprendo l'interessantissimo studio che Antonio Saccoccio sta conducendo sull'apposito blog.
Il Grande Fratello non è diventato altro che uno studio sulla perdita dell'identità.
Chi è vero? Chi è falso?
Risponde il pubblico:
rispondo:
il pubblico.
Il pubblico sta diventando autosufficiente,
perchè anche la stupidità ha un limite.
Possiamo ridere in coro mentre gli old-media vanno avanti,
soli e virtuali.

domenica 21 febbraio 2010

La casodinamica net.futurista

Lontane dalle ricerche sperimentali fine a sè stesse, ci sono le piccole cose di tutti i giorni.
Se queste cose fossero rivalutate, se le si attribuisse il giusto peso, una vita vuota potrebbe trasformarsi in una performance costante e totale.
"...non si sa dove finisce il fotodinamismo e dove comincia una foto mossa" recitava una voce registrata nello spettacolo "Aeroballa" alla Lavanderia a Vapore di Collegno, subito dopo l'inaugurazione di una MoNoMo. Lo stesso giorno iniziavamo a capire le casodinamiche.

Osservare una foto di Bragaglia oggi fa inevitabilmente pensare ad una foto mossa, scattabile da chiunque con mezzi non professionali. Le foto mosse vengono spesso considerate foto venute male, indice di una posa mal tenuta dal soggetto, che al momento dello scatto si è mosso.
Epperchemmai questo dovrebbe essere sbagliato? Perchè immortalare un momento di immobilità che non sarebbe esistito altrimenti?

Le casodinamiche net.futuriste partono da questi presupposti, figli delle foto-performance di Depero molto più del fotodinamismo di Bragaglia; includono obbligatoriamente una selezione da parte dell'autore, perchè non tutte le foto mosse possono comunicare.
Sono alla portata di tutti, perchè la quotidianità non è un attributo di cui vergognarsi, ma la base per un'arte-vita net.futurista.

E poi...
UN SOGGETTO SFOCATO E MOSSO
E' PIU' ESPRESSIVO DI UN SORRISO DI PLASTICA

non sono bellissimo?

venerdì 12 febbraio 2010

Virtuale a chi?

mi stai dando del virtuale?
mi stai dando del virtuale?
mi stai dando del virtuale?
Ti sembra che stia parlando di una realtà simulata,
di una cosa che nasce e muore dentro un pc?
Questo sì che è un atteggiamento virtuale.
Non hai capito nulla.
IO SONO reTEale!
E che politici, professori e programmi televisivi
dagli abissi di un mondo costruito
non si azzardino a dirmi
cos'è virtuale.

giovedì 28 gennaio 2010

Secondo me

Secondo me bla bla bla.
E secondo chi altro?
Prova a dare un quadro oggettivo di una situazione vissuta, e sarà comunque "secondo te".
Sembra quasi che ci si voglia scusare di avere una propria visione dei fatti.
I sordi non dicono quasi mai, in lingua dei segni, "secondo me"; usano piuttosto "io credo", per esprimere una situazione di dubbio, ma non per introdurre un loro parere. "Secondo me non è bello" diventa "non mi piace": è ovvio che si tratti di un parere personale.
Perchè?
Perchè la L.I.S. è una lingua molto più concreta della lingua italiana parlata.
Le chiacchiere effimere con cui l'uomo dà prova della propria vacuofilia sono sintomo di una sorta di burocrazia mentale senza nè capo nè coda.
Secondo me.
Ma lo sapete già...

lunedì 11 gennaio 2010

...femminismo oggi?

Troppo spesso, negli ultimi anni, vengono rievocate le gesta eroiche di varie femministe, da Courtney Love a Yayoi Kusama e i suoi falli più o meno impliciti.
Queste commemorazioni (perchè di questo si tratta, in quanto analizzano il fenomeno come storico/museale) mi hanno indotto a prendere in considerazione il femminismo alla luce di ciò che mi circonda.
Cosa mi circonda?
Una miriade di ragazzine che vogliono farsi desiderare, farsi conquistare, farsi scegliere.
E i media (vecchi & scaduti ma anche quelli nuovi) supportano le mie osservazioni: avete mai visto quell'abominio di Uomini e donne?
Ora, queste ragazzine crescono in una società dove la parità dei sessi è pressochè raggiunta: tutto rimane ai singoli individui e al loro modo di porsi.
Oggi nessuno mette in discussione la validità di un parere femminile, e difficilmente viene ostacolata la carriera di una donna in quanto tale. Quindi verrebbe da dire che il femminismo ha avuto la meglio...
o no?
Il guaio della condizione femminile, rimane paradossalmente la ragazza media, che spesso rinuncia alle sue opportunità per atteggiarsi, per l'appunto, a "femmina" (o stereotipo femminile). Questo perchè cresce con il mito di un principe azzurro forte e sicuro di sè, che va in giro a baciare ragazze che dormono perchè è un suo diritto (e le belle fanciulle delle favole come reagiscono? Lo sposano!). Ma qualcuno ha già analizzato questo fenomeno.
Quello che mi interessa mettere in luce è come un fenomeno di massa come il femminismo si sia bloccato davanti all'incapacità di demassificarsi di ogni ragazza.
Continuate a dormire, gatte morte o veline mancate, qualche morto di figa vi sceglierà.
Nel mentre, che la demassificazione continui.